Come si esegue la valutazione dei rischi dell’esposizione all’amianto?
La sola presenza di amianto non rappresenta, di per sé, un pericolo: la nocività è correlata allo sfaldamento del materiale per deterioramento. Sono le fibre che compongono la sua struttura che, se disperse nell’aria e inalate, possono causare gravi danni a livello polmonare. A partire dal 1994 l’amianto è stato vietato per legge in Italia, ma prima di quella data era ampiamente usato in edilizia: per questo ancora oggi vi è un’elevata presenza di manufatti in asbesto su tutto il territorio nazionale.
Nel caso in cui vi sia una parte, interna o esterna, in amianto in una struttura dove viene svolta attività lavorativa, il datore di lavoro o il responsabile della sicurezza devono far eseguire una valutazione del rischio dell’esposizione alle fibre di amianto per il personale presente all’interno dell’edificio. L’Articolo 249 del Decreto Legislativo 81/08 stabilisce l’obbligo da parte del datore di lavoro, ove non sia possibile procedere con lo smaltimento dell’amianto, di informare i lavoratori circa la presenza del pericolo e di far eseguire una valutazione dello stato d’integrità del materiale. Sarà necessario stabilire anche un piano di sorveglianza e campionamento per tenere costantemente monitorato il livello di fibre nell’aria.
Sopralluogo, misura e monitoraggio delle fibre di amianto
In genere vengono utilizzati due criteri per valutare l’esposizione del personale: da un lato la verifica delle condizioni del manufatto per ottenere una stima del pericolo del rilascio di fibre, dall’altro la misurazione della concentrazione di fibre aerodisperse nell’edificio stesso. Al termine del sopralluogo verrà rilasciata una scheda con l’indicazione relativa alle condizioni attuali, ai fattori che possono causare un danneggiamento futuro e a quelli che determinano la diffusione delle fibre e la conseguente esposizione delle persone.