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L’ambito dei lavori ad alta quota è quello che, purtroppo, vanta la più elevata percentuale di infortuni gravi.

Come è prevedibile, la ragione è legata alle condizioni di sicurezza che, spesso, non sono adeguate: non vengono previsti opportuni sistemi di protezione collettiva, come reti e parapetti, oppure individuale, come sistemi anticaduta, dispositivi di ancoraggio e linee vita. Questo comporta per gli operai o manutentori lo svolgimento dei lavori in condizioni non idonee a garantire la propria incolumità.

Parlando di lavori in quota, generalmente si pensa esclusivamente a interventi ad altezze significative come quelli svolti sui tetti o sopra il secondo piano di un edificio. Questo pensiero comune viene smentito dal Decreto Legislativo 81/2008 (“Testo unico per la sicurezza nei luoghi di lavoro”) che definisce come tali tutti i lavori effettuati oltre i 2 metri da un piano sicuro e stabile. Anche per interventi di questo tipo, quindi, si rende necessario prevedere misure di protezione collettiva oppure DPI (dispositivi di protezione individuale) adeguati: sistemi in grado di ancorare l’operatore a un punto stabile per prevenire/arrestare l’eventuale caduta.

Linee vita e sistemi anticaduta

Le linee di ancoraggio, meglio note come “linee vita”, consistono in dispositivi flessibili (generalmente cavi) fissati tra ancoraggi strutturali ai quali gli operatori si agganciano con opportuni DPI (solitamente imbracature) durante l’esecuzione dei lavori in quota. Regolamentate dalla normativa UNI EN 795, le linee vita possono essere permanenti, quindi progettate per rimanere perennemente in sede in vista di successive manutenzioni, oppure temporanee. È importante rivolgersi a una ditta specializzata che sia in grado di certificare e collaudare i dispositivi di sicurezza installati, in modo che siano conformi alla normativa vigente. Prescrizioni e obblighi sono differenti per ogni regione, è pertanto opportuno informarsi sulle norme locali.

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